dOCUMENTA state of mind

Articolo pubblicato su Artribune il 28 ottobre 2011

Il 2012 è l’anno di dOCUMENTA. Dal 9 giugno, per cento giorni, Kassel sarà al centro del dibattito sull’arte contemporanea. Ma come sempre, il progetto si estende oltre la mostra, con la costruzione di una piattaforma di ricerca che dura cinque anni. Carolyn Christov-Bakargiev ne ha parlato ieri durante una conferenza a Roma, negli spazi dell’Accademia Tedesca.

di Valentina Tanni

Se quello che state cercando sono informazioni sulla prossima edizione di dOCUMENTA, resterete delusi”. Carolyn Christov-Bakargiev inizia la sua lecture a Roma, in una sala di Villa Massimo affollata di addetti ai lavori, con questa avvertenza. Per i “fatti” (nomi degli artisti, opere, eventi) bisognerà aspettare Marzo del prossimo anno, quando partirà la comunicazione ufficiale della manifestazione con una serie di conferenze stampa. Fino ad allora, quello che possiamo conoscere di dOCUMENTA (13) sono le idee che vengono discusse nel backstage, le dissertazioni aperte che fanno da brodo di coltura per la progettazione della mostra vera e propria. E per introdurci nell’atmosfera, o meglio nelle tante atmosfere del progetto, la Christov-Bakargiev, curatrice in carica già dal 2009, accompagna per mano l’auditorio in un lungo e affascinante viaggio attraverso le sue fonti di ispirazione. A fare da filo conduttore, gli appunti presi per il suo prossimo “notebook”, ancora da pubblicare. Il libricino fa parte di 100 Notes – 100 Thoughts, serie di “quaderni degli appunti” firmati da cento intellettuali di varia formazione – artisti, teorici, scrittori, scienziati, psicologi, poeti – che verranno pubblicati durante tutto il periodo di gestazione della manifestazione. Si tratta, in questo caso, del secondo contributo della curatrice, dopo l’affascinante Letter to a friend, terzo della serie di libri in ordine di uscita, nelle cui pagine la Christov-Bakargiev spiega, con un tono intimo e informale – attraverso l’espediente letterario dell’epistola – il germe concettuale del progetto: “dOCUMENTA (13) per me è più di una mostra, e non è ‘proprio’ una mostra: è una condizione mentale. Il suo DNA è diverso da quello delle altre mostre internazionali d’arte contemporanea soprattutto perché non è nata dalle esposizioni commerciali ottocentesche o dalle Esposizioni Universali dell’era coloniale, che portavano nei vecchi centri d’Europa le meraviglie del mondo. È sorta al crepuscolo della seconda guerra mondiale dal trauma, e nello spazio in cui si articolano il collasso e la ripresa.”
Ed è proprio su questo tema del trauma, del conflitto, della distruzione persino, che ruota il secondo scritto e presumibilmente anche la mostra, anche se tra gli statement della curatrice c’è anche quello, chiaro e apprezzabile, di non volersi rinchiudere dentro al classico “tema” e di voler scansare con estrema attenzione tutte le trappole di un mestiere curatoriale ormai standardizzato e sempre più svuotato di significato. L’arte viene interpretata come un mezzo – forse l’unico mezzo – in grado di abbracciare compiutamente la contraddizione, l’ambiguità, la complessità, e questo suo potere viene indagato cercando di riportare l’opera al centro del dibattito, evitando che, al contrario, venga forzatamente utilizzata come evidenza per sostenere tesi precostituite. O peggio, per illustrare concept di facile immediatezza comunicativa (pratica, questa, abbracciata ormai sistematicamente da quasi tutte le Biennali).
In questo senso, Carolyn Christov-Bakargiev dimostra di aver interpretato nel modo migliore lo status di “diversità” genetica di dOCUMENTA rispetto ad altre manifestazioni d’arte contemporanea. La sua mission, sottolinea in chiusura, dopo una lunga e appassionante dissertazione che rimbalza tra passato e presente, tra Walter Benjamin e Paul Klee, Man Ray e Lee Miller, i Buddha di Bamiyan e le installazioni di Michael Rakowitz, è quella di andare in profondità, di creare uno spazio per l’approfondimento, la messa a fuoco, la concentrazione.
Altro elemento estremamente interessante è costituito dallo spostamento del punto di vista. Nel tentativo di superare una plurisecolare, sclerotizzata visione antropocentrica del mondo, la Christov-Bakargiev invita a pensare – anche sull’onda delle teorie della fisica quantistica – all’universo come a un sistema complesso e in continua risonanza, un mondo “multispecie” in cui le specie non sono soltanto umane e animali, ma comprendono anche gli oggetti inanimati. Cosa prova un oggetto quando viene distrutto? E se questo oggetto è un oggetto d’arte? Queste e molte altre le suggestioni teoriche alla base di dOCUMENTA (13), che parte sicuramente da solide premesse. Speriamo che il format della mostra sia in grado di stimolare il pensiero con la stessa energia.

d13.documenta.de