Il quarto piedistallo


Il progetto londinese Fourth Plint si propone di utilizzare un plinto di Trafalgar Square rimasto vuoto (costruito nel 1841 per accogliere una statua equestre mai realizzata) per esporre, a rotazione, opere di artisti contemporanei. Proprio ieri è stata scoperta la statua ritratto che Marc Quinn ha dedicato all’artista disabile Alison Lapper. La scultura (Alison Lapper Pregnant) ritrae la donna quando era incinta di suo figlio Parys, che oggi ha cinque anni. Inevitabili le polemiche, opposti i punti di vista: c’è chi vede la statua come una celebrazione della vita, chi solo una sensazionalistica spettacolarizzazione dell’handicap. L’opera rimarrà sul suo piedistallo per 18 mesi, dopodichè passerà il testimone al più innocuo (e appropriato per una piazza) “Hotel per uccelli” di Thomas Schütte.

qui un articolo del guardian
qui un articolo sulla storia di alison lapper

Ars Electronica part III: i pupazzi


Ultima parte del resoconto diviso in aree tematiche di Ars Electronica 2005. Sorprendete affollamento di pupazzi, robottini, creaturine reali e virtuali. Nella sezione dedicata all’animazione meritano una segnalazione le rane di pezza (vicine parenti di Kermit) del video francese Overtime, omaggio al papà dei Muppets Jim Henson. L’animazione racconta di un gruppo di rane fantoccio che, di fronte alla morte del proprio creatore, non sanno inizialmente darsi una spiegazione e cercano di continuare la vita di tutti i giorni. In un bianco e nero raffinato e struggente.
Tra i pupazzi veri, spiccano i due filosofi di Watschendiskurs, impegnati in discussioni sulla teoria del linguaggio. Citano Wittgenstein e proverbi russi sul tempo. Ogni tanto si schiaffeggiano e cambiano argomento.
Infine, il dispettoso Pussy Weevil, una creaturina verde che vive dentro uno schermo. E reagisce alla presenza dello spettatore: Se si è lontani il suo comportamento è insolente, ma se ci si avvicina diventa timido e magari scappa pure. Sembra che l’intenzione fosse quella di fornire una “caustica parodia” dei comportamenti dei politici.

Story Tellers


L’affascinante pittura di Lorenza Boisi, in mostra dal 15 settembre presso la Galleria Federico Luger di Milano. Una figurazione semplice, ma densa di suggestioni, uno stile pittorico essenziale e costruttivo. Un mondo immaginario, fatto di mito, simbolo e sogno.

Fisso o legnatile?


Ricordate l’iPod de legno? Arrivano dalla Russia delle fantastiche foto di interi computer (case, monitor, mouse) fatti di legno. Perfettamente funzionanti. I portatili con il case proveniente da ex-cassette di vino siciliano (li costruisce l’italiano asbesto) invece sono stati ribattezzati “legnatili“. Per chi volesse risparmiare mantenendo un look aristocratico può farsi aerografare un normale pc con la texture preferita.

[via boing boing]

I media nel 2015


Robin Sloan e Matt Thompson sono gli autori di un filmato flash intitolato EPIC 2014(c’è anche un update per il 2015). Un’affascinante e terrorizzante distopia per il futuro dei media. In 8 minuti. Si parte da Ginevra nel 1989 con Tim Berners Lee e si finisce nel 2015 con EPIC. Passando per GoogleGrid e Googlezon…
Qui c’è una traduzione in italiano del testo recitato.

[via newsgrist]

Ars Electronica part II: gli sportivi


Ovvero le installazioni che richiedono abilità atletiche e sudore. Ho apprezzato il grande tapiroulant da cardiopalma di Marnix de Nijs, soprattutto per il titolo, un garbata esortazione per lo spettatore: Run Motherfucker RunNon me la sono sentita di provarlo, ma ho assistito alla performance di un impavido ragazzetto giapponese che ha affrontato l’infernale congegno addirittura scalzo. Piuttosto antipatica invece Jumping Rope, dove il gioco è quello classico della corda, ma visto che quest’ultima è invisibile, ci vuole molta immaginazione per saltare decentemente e al momento giusto. Se ti riveli una mezza sega i personaggi in video che reggono la “corda” ti sbeffeggiano pure. Finiamo con il tennis, che nell’installazione Interface #4 / tennis V180, si può giocare usando dei monitor come racchette. Anche qui è richiesta molta immaginazione, ma molto meno sforzo fisico.

Ars Electronica part I: lo zoo


Allora, visto che raccontare tutto in ordine cronologico sarebbe un’impresa titanica, segnalerò alcune delle cose viste ad Ars Electronica procedendo per temi. Cominciamo dalla parte zoofila. La palma per il progetto più discutibile dell’anno se lo aggiudica Cockroach Controlled Mobile Robot #2, un robot letteralmente “guidato” da uno scarafaggio ENORME. Non ho obiezioni animaliste da fare (pare che quel tipo di insetto sia a suo agio in spazi ristretti e che non senta dolore), ma confesso di non aver capito il punto. Non mi sembra particolarmente bello, nè visionario, nè mi sembra che tocchi qualche nervo scoperto a livello teorico-culturale. Insomma, se qualcuno ci trova un qualche interesse che non sia puramente curiosity-based, mi piacerebbe sapere qual’è.
Electronic Life Forms è un po’ più evocativo: insetti robotici alimentati ad energia solare abitano tra piante vere. Ma il progetto più interessante è quello premiato con il riconoscimento speciale della giuria. Sto parlando di Strandbeest di Theo Jansen. Le sue grandi “bestie da spiaggia” sono davvero creature di enorme fascino. Sono grandi scheletri (o fossili?) costruiti con tubicini di plastica e sono in grado di camminare da soli. Senza ausilio di motori, computer o energia elettrica, i bestioni si spostano con movenze estremamente organiche, con il solo ausilio del vento. Il miglior progetto di Ars Electronica, insomma, non è elettronico manco un po’. Ma è molto più nuovo di tante installazioni interattive sparse per le mostre. Quelle, per capirci, dove tu ti muovi, spingi un bottone, fai un saltino, e qualcosa sullo schermo reagisce. Ho sempre di più la sensazione che questi meccanismi di interazione così elementari (stimolo-risposta) abbiano fatto il loro tempo. Alla prossima puntata.

(Don’t) walk


Thundercut è un artista di strada che interviene sugli omini luminosi dei semafori. Non fa altro che applicare curiosi adesivi che li “vestono” senza coprire la luce. E qualche volta re-interpreta anche la mano, trasformando un innocuo ALT in un bel paio di corna.
Sempre in tema di segnali stradali, vale la pena di guardare anche le animazioni di Scott Garner, la collezione di finti cartelli PANOS e le smorfie del nostrano Pino Boresta.

Il misterioso rito della crêpe


Tra le tante cose viste a Linz (che posterò nei prossimi giorni) c’è questo bellissimo video. Si chiama “La Migration Bigoudenn” e gli autori sono tre studenti della Gobelins visual School di Parigi. In cima ad una scogliera della Bretagna un gruppo di vecchine in abiti tradizionali si incontra per un rito misterioso. Protagonista assoluta una crêpe…

Due cose che si chiamano OIO


La prima è un film. Anzi, scusate, una cinepittura. Si tratta di un lungometraggio realizzato interamente riprendento pigmenti liquidi che si librano nell’aria. Le riprese sono poi state montate con abbondante postproduzione, ma l’effetto è decisamente riuscito, almeno a giudicare delle immagini e dal filmatino demo di OÏO. L’unica cosa che mi chiedo è se sia possibile sopportare una cosa del genere per 90 minuti (tale è la durata del DVD)…

La seconda cosa di nome OIO, richiamata alla mia mente da una leggiadra assonanza, è il miglior ristorante di cucina romana della città: “Da Oio a casa mia“. Piatto (vivamente) consigliato: tagliolini cacio e pepe.

iPod de legno – iBook de bronzo


Lo scultore olandese Pii, in occasione della sua personale alla galleria Spectrum di Londra, ha lanciato un “modello” di iPod scolpito nel legno. Secondo le sue stesse dichiarazioni, l’oggetto servirebbe come surrogato del vero lettore mp3 per aiutare tutti gli “addicted” del mondo a disintossicarsi dall’uso eccessivo e difendersi così dal rischio di sordità ed isolamento sociale. Il suo Piipod è stato infatti “disegnato appositamente per non essere in grado di riprodurre file musicali”. Tuttavia, se messo in tasca, offre la sensazione di portarsi appresso un vero iPod. Un po’ come le sigarette di plastica…
Alla galleria Spectrum espone invece una tavola imbandita con calchi in bronzo di computer iBook (Laptop Dinner) ripieni di riso e mais geneticamente modificati.

[via the guardian]

Giocare a Tetris…correndo


A prima vista sembra una trovata tecnologica divertente. Il tetris giocato sulla facciata di un palazzo, accendendo e spegnendo le luci nelle stanze. Un po’ come Blinkenlights. Poi ci si accorge che non c’è un computer che controlla l’accensione delle luci, ma un gruppo di ragazzini che corre su e giù per corridoi e scale all’interno del palazzo. Il video si chiama Game Over ed è firmato da un team di russi, of course. Si chiamano Vadim Vyazantsev, Sergei Zilin e Dmitry Karpov. Imperdibile.

Taglia e cuci


Ricamo e cucito sono attività entrate a pieno diritto nel bagaglio tecnico degli artisti contemporanei. Gli esempi che si potrebbero citare sono tantissimi: l’amore per il ricamo di Francesco Vezzoli, le scene osè di Ghada Amer, il ricamo politico di Rainer Ghanal. Solo tre nomi presi a caso da almeno un centinaio di esempi possibili. C’è anche chi (microRevolt) considera il lavoro a maglia come un’attività rivoluzionaria, in un’epoca in cui tutto è industriale e standardizzato.
Negli ultimi giorni mi sono imbattuta in altri due esempi di cucito-ricamo fuori dagli schemi. Le opere “supercattive” di Patricia Waller e le toppe ricamate a mano di Mary Yaeger.

Nati per provocare

Un mensile tedesco (vai a capire per quale bislacco motivo) ha voluto intervistare l’artista concettuale-beffardo-svizzero Gianni Motti e la scrittrice-lolita-bestseller Melissa P.. Insieme. Lui è quello della saponetta fatta con il grasso facciale di Berlusconi. Lei quella del vendutissimo 100 colpi di spazzola. Il filo conduttore tra i due sarebbe… che sono due provocatori.
Lo racconta la stessa Melissa in un post sul suo blog. Pare che l’intervista sia durata addirittura 5 ore e che si sia finiti a parlare della morte del papa e dell’ostentazione della sua salma. Definita dai due “pura e semplice pornografia”. Provocatori…

The kill yourself game


Rebecca Cannon e Karen Jenkins hanno messo a punto un gioco in java per dispositivi mobili dedicato a chi non si sopporta più. Non ti piaci e vorresti farti fuori? Scegli un personaggio che ti assomiglia, seleziona il tuo grado di auto-odio e clicca play. Il gioco finisce quando il programma decide che ti sei auto-perseguitato a sufficienza…

[via selectparks]

Kissing Batman


La DC Comics minaccia la galleria Kathleen Cullen Fine Arts (Chelsea, NY) di intentare una pesante causa legale se gli acquarelli di Mark Chamberlain non verranno rimossi dalle pareti. I quadri in questione mostrano Batman e Robin in pose sfacciatamente omosessuali (baci, abbracci e nudità varie). La scena del bacio è molto romantica…

[via artforum news]

Musicista in forma di pera


Durante le ferie sono stata ad Honfleur, delizioso porticciolo della Normandia, famoso, tra le altre cose, per aver ospitato diversi impressionisti (tra cui Eugene Bodin, che vi abitava stabilmente). Meno nota la presenza nella cittadina della casa di Erik Satie. La sua abitazione è stata trasformata, da qualche anno a questa parte, in una sorta di museo multimediale a lui dedicato. A parte qualche dettaglio da Luna Park di periferia, presenta alcune soluzioni molto suggestive, come il piano che “suona da solo” nella candida stanza all’ultimo piano dell’edificio.
Ma la cosa più buffa si trova proprio all’entrata, dove il visitatore viene accolto da un’enorme pera volante, che sbatte le ali sulle note di Gymnopedie. Nel 1903, il geniale musicista francese aveva infatti composto “I tre pezzi in forma di pera”. Sul depliant del museo dicono che simboleggi la sua anima che si libra verso il cielo dopo la sua morte.

Lucciole tecnologiche


John Schimmel è l’autore del progetto Fireflies, un gruppo di lucciole fatte di lampadine e circuiti elettronici. Chiuse in barattoli di vetro, naturalmente. Non solo si illuminano, ma possono essere usate per comunicare a distanza. Tamburellando sui barattoli si possono mandare messaggi luminosi ad altri barattoli di lucciole collegati in rete nelle vicinanze.

[via eyebeam reblog]