2010 / The Mediagate

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GLOBALNE OCIEPLENIE / THE MEDIAGATE

Mostra a cura di: Marco Mancuso e Claudia D’Alonzo per Digicult & Michal Brzezinski

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GALERIA NT / Imaginarium
ul. R. Traugutta 18
Łódź, Poland, 90-113
http://galeria-nt.pl

Durata della mostra: 16/04/2010 – 16/05/2010

Artisti Invitati:
Milycon / En (Put down the gun), Dorota Walentynowicz (Plato Machine I), Sašo Sedlaček (Infocalypse Now!), Jan Van Neuenen (Video Retrospective), Les Liens Invisibles (Subvertr), Marc Lee (Oamos), Yorit Kluitman (You-Tube!), Vit Klusak a Filip Remunda (Czech Dream)

Testi in Catalogo:
Michal Brzezinski, Agnieska Kulazińska, Krzysztof Siatka and from Digicult Network: Lucrezia Cipptelli, Claudia D’Alonzo, Marco Mancuso & Valentina Tanni

Nella città Polacca che ha dato i natali al regista Zbigniew Rybczyński, sede di una delle più prestigiose scuole di cinema d’Europa, la Państwowa Wyższa Szkoła Filmowa,Telewizyjna i Teatralna PWSFTviT, amata da David Lynch che vi ha girato gran parte del suo capolavoro Inland Empire, DIGICULT e GALERIA NT / Imaginarium organizzano una mostra incentrata su una serie di opere, installazioni, video, progetti di net art e software art, performance che riflettono sulla ri-attualizzazione del rapporto tra media digitali e analigici, sulle possibili forme di controllo da loro esercitate sul fragile meccanismo sociale contemporaneo, nonchè sulle possibilità offerte dall’arte per individuare le chiavi di lettura di una realtà sempre più tecnologicamente “mediata”.

Lo scorso 20 Novembre 2009, a pochi giorni dal COP 15 di Copenhagen, la credibilità dello United Nations Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organo governativo dell’Onu che monitora gli studi sui cambiamenti climatici, ha subito un duro colpo. Un gruppo di hacker russi ha reso pubblici una serie di documenti, mail e dati riservati dell’Hadley Centre, centro di ricerca della East Anglia University, uno dei maggiori istituti internazionali deputati allo studio del clima, fortemente affiliato all’IPCC stesso. L’azione sembrerebbe smascherare sforzi, da parte di studiosi e ricercatori, atti a falsificare dati su uno dei temi mediatici più scottanti di inizio millennio: il riscaldamento globale antropico, il cosiddetto AGW. Il climate gate ha scosso le coscienze di molti: se organi governativi internazionali, centri di ricerca, organizzazioni ecologiste come Greenpeace e persino gruppi di eco attivisti indipendenti ci avvertono da anni che problemi fondamentali come il riscaldamento globale, l’effetto serra, l’emissione di gas nocivi, sono basati su solide fondamenta scientifiche, cosa dovrebbe farci pensare questa fuga di notizie? Che il global warming sia tutto un grande gioco mediatico, sotteso a interessi economici e politici superiori? E’ un dubbio che in tanti iniziano ad avere.

Nei primi giorni di gennaio 2010 su molti organi di informazione internazionali circola una notizia eclatante: l’influenza A (H1N1) sembrerebbe essere bufala orchestrata dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalle case farmaceutiche. A dirlo non è qualche critico no-global, ma il presidente della commissione Sanità del Consiglio d’Europa, Wolfang Wodarg, il quale ha fatto approvare in Consiglio una dura risoluzione che chiede un’inchiesta internazionale sulla faccenda. Dopo mesi di avvertimenti e misure contro il rischio di contagio che hanno coinvolto i media e le istituzioni di tutto il mondo viene da chiedersi quando si può parlare di fonti attendibili su un tema fondamentale come quello della salute.

“Francamente, credevo oltre ogni dubbio che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa”: così ha detto l’ex premier britannico, Tony Blair, lo scorso 29 gennaio alla Commissione d’inchiesta sull’Iraq al Queen Elizabeth Centre di Londra. Blair smentisce che il governo fece inserire nei dossier dell’intelligence l’idea che Baghdad potesse usare le armi di distruzione di massa in 45 minuti, ammettendo però di aver detto così nel suo intervento ai Comuni nel settembre 2002, anche se “senza troppa enfasi”. L’enfasi la pose la stampa nel rilanciare l’affermazione che Blair ora non rinnega. Quante e quali minacce sono quindi reali? Come e perchè viene generata la ‘paura globale’?

Questi ‘casi’ smascherano la non veridicità di notizie che per mesi, se non per anni, hanno popolato i media di tutto il mondo occidentale. Parliamo di casi e non di notizie perchè in essi viene messa in discussione l’accezione stessa di notizia, di informazione reale.

A pensarci bene, non siamo di fronte a nulla di nuovo. Dalle distorsioni delle dottrine religiose alle conseguenti Guerre Sante susseguitesi fino ai nostri giorni, dalle martellanti minacce di pandemie fino alle crescenti questioni etiche legate alle biotecnologie, dalle invasioni giustificate da guerre ‘preventive’ alla paranoica difesa dei nostri confini geografici e razziali, i media ci informano e ci disinformano costantemente. Una marea oscillante di dati invade quotidianamente la nostra sfera percettiva e cognitiva, muovendosi continuamente sul limite tra realtà e inganno. Una schizofrenia che non salva alcun medium, neanche la tanto acclamata libertà della rete, ed entro la quale anche le menti più critiche stentano a rintracciare la verità dell’informazione.

Siamo assistendo, negli ultimi anni, allo sgretolamento della convinzione che internet fosse, per univoca natura, mezzo libero, partecipativo, in contrapposizione con il medium televisivo. Il positivismo dei primi anni di internet sta lasciando il passo ad una situazione nella quale non si può non ammettere che la rete, pur con ampie zone di autonomia, sia sottoposta alle stesse pericolose dinamiche economiche e politiche dei media tradizionali. Diventa centrale allora non tanto comprendere quale sia il medium più democratico del Terzo millennio, quanto piuttosto aprire gli occhi sulla duplice natura di tutti i mezzi di comunicazione, per individuare gli strumenti con i quali imparare a muoversi strategicamente tra verità e inganno.

Queste metodologie sono al centro di molte opere di new media art: l’arte è infatti il territorio entro il quale mettere a nudo il dualismo dei media, giocare creativamente tra passività dello spettatore e autonomia di interpretazione, tra false credenze e informazione indipendente. L’arte riesce a smascherare gli automatismi mediali perché mette da sempre al centro del proprio discorso sui media l’audience, il nostro ruolo di spettatori.

La mostra The Mediagate vuole quindi riflettere, attraverso le opere di new media art di alcuni artisti internazionali, sul nostro costante barcamenarci tra messa in discussione e fede nei confronti dei media, senza suggerire soluzioni, innescando interrogativi e dubbi sul nostro ruolo di utenti. The Mediagate vuole essere esplicito omaggio alla parola Watergate, che è entrata nel linguaggio comune per indicare una scoperta imbarazzante e scandalosa, sovente usata come termine di paragone, per verificare la gravità di una verità improvvisa ritenuta grave al punto da poter minare un qualsiasi sistema.

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