Shit happens…
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Sound Wave
La scultura di Jean Shin è bellissima. Sicuramente odora meravigliosamente di vinile. Gioca sul concetto di “onda sonora” e questo aggiunge evocazione e persino ironia. Allora perchè distruggerne la potenza espressiva scrivendo che va letta come un riferimento alle “ondate tecnologiche che rendono obsolete tutte le successive generazioni di supporti registrabili“. E, ancora, che “l’opera vuole rappresentare fisicamente il carattere effimero della musica, ma anche i gusti musicali di un essere umano, rappresentati dalla sua collezione di dischi“?
Lo so che l’obsolescenza dei media e la smaterializzazione dei contenuti e la crisi del diritto d’autore e dimmi ciò che ascolti e ti dirò chi sei sono temi d’attualità. Ma già il giornalismo è in crisi, che non ci si mettano pure gli artisti a fare gli illustratori dell’ovvio…
[soundtrack della serata. from 9 p.m.: the notwist]
wowPod
L’ultimo nato in casa Electroboutique (Aristarkh Chernyshev & Alexei Shulgin): wowPod, interactive media sculpture. New media art ridotta a wowGadget?
Caos
Top selection
Endless story of an endless column
The Endless Column (1938) è una scultura monumentale di Costantin Brancusi e se ne sta placida in Romania. Ma la sua capacità evocativa circola per il mondo e ispira altri artisti. Quest’opera riesce a rappresentare tutta la scultura moderna, a raccontare ancora oggi l’utopia di un’arte che aspira alle vertiginose altezze dei cieli (un’arte infinita, ininterrotta, spirituale nel più profondo dei sensi). Le “cover” della colonna si ispirano ai viaggi nel tempo, ma anche al kebab…
[soundrack: time travel]
Reading
E’ proprio così. Le frasi svolazzano da tutte le parti, come schiaffeggiate da una folata di vento impertinente. Le storie si mescolano, i sentieri si biforcano, i pensieri scendono giù e tornano su senza mai stancarsi, neanche prendessero l’ascensore.
[artwork by matchboxflight]
Connections (le mie)
foto: Erin Jane Nelson. soundtrack: Flavio Giurato
Going to a town
Amy Casey dipinge case. Dipinge ammassi di case che si sforzano di diventare città. Ma rimangono cumuli di legno, ferro e cemento. Alcune sembrano appena atterrate, come astronavi, altre le ha portare un tornado, magari dal regno di Oz. Giurerei, però, di averne riconosciuta una, di queste città. E’ Ottavia:
Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città – ragnatela. C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettereil piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s’intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d’elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d’acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
(Italo Calvino, Le città invisibili)
1500 sedie vere invece, ammassate, sono più o meno così:
Contraddictions
(Re)Erased de Kooning
Nel 1953 Robert Rauschenberg espose un disegno di Willem de Kooning cancellato. Sul foglio rimase un’ombra, un fantasma delle (in)forme che furono. Pare che il giovane Bob portò una bottiglia di liquore per farsi coraggio quando andò dal vecchio Willem con la bizzarra richiesta (“mi regaleresti un’opera… vorrei cancellarla…”). Quest’ultimo acconsentì, ma decise di rendergli la vita difficile, scegliendo con calma un disegno che amava molto. In modo che fosse “difficile da cancellare”. In questo pdf, tratto dal libro de Kooning: An American Master, la scena viene raccontata nella sua interezza. E qui c’è un’intervista a Rauschenberg.
Infine, una rivisitazione in chiave informatica del gesto iconoclasta di Rauschenberg (video di Peter Baldes). Niente ombre stavolta, un lavoretto pulito…
Then I go
Se è vero che un’immagine vale più di mille parole, in questo caso il ghepardo in mezzo ai cappuccini mi sembra possa assumere una quantità indefinita di significati. Perchè camminare sulla schiuma è un’attività in bilico tra l’arte e il miracolo; perchè l’istinto è “slippery when wet“, per citare Bon Jovi; perchè fa caldo fuori e dentro in questi giorni; perchè il latte non lo digerisco ma freddo mi fa venire in mente le quattro del pomeriggio di primavera e quindi lo bevo; perchè è estate e vorrei andare allo zoo di Roma a vedere gli oranghi. Buone vacanze, scivolo via con passo felino…
[foto: Paola Pivi, “One cup of cappuccino then I go“ 2007 ]
This is not a desktop
Anna Kournikova Deleted By Memeright Trusted System
David Rice’s perfidious short story ‘Anna Kournikova Deleted By Memeright Trusted System’ – from which curators Inke Arns and Francis Hunger have borrowed the exhibition title – deals with the concept of intellectual property: In 2065 stars – such as ex-tennis player Anna Kournikova – have their ‘brand’ protected by a satellite-based system that identifies unlicensed look-alikes and eliminates them via a strong laser beam. During a trip to the Pacific Rim, not officially cleared, the ‘real’ Anna Kournikova is identified as an imitation of herself and is consequently eliminated by the system.
Art in the Age of Intellectual Property. In mostra a Dortmund. Qui.
Jodi “strikes” back
Items
Items, una serie fotografica di Thomas Mailaender…
quote of the day:
Entropy theory is not concerned with the probability of succession in a series of items but with the overall distribution of kinds of items in a given arrangement.
(Rudolf Arnheim)
[via vvork]
Are you lonesome tonight?
Televisioni all’uncinetto. Dal portfolio di Esmé Valk...
Emo-video
Quelle quattro persone a cui ho confessato questa bizzarra idea ormai almeno due anni fa, ora gioiranno con me. Per tutti gli altri magari sarà meno entusiasmante. Ma io lo sapevo che bastava aspettare. Lo sapevo che qualcuno prima o poi l’avrebbe fatto. Grazie Oliver Laric…
What if
A volte è necessario prendere in considerazione tutte le ipotesi…
In the name of Kernel
Deflagrazioni
Esplosioni intimiste. Le disegna Alex Lukas…
Game
Anne de Vries, Game, 2008
If Bunuel had seen Shrek
Un Chien Andalou nella versione di Ciprian Muresan…
Ignore this question
Quesito del sabato notte: perchè non ho mai postato niente di David Shrigley? Come tante altre -piccole e grandi- cose in questo periodo, anche questa non me la spiego…