“Le cose cambiano, si dice, corrono in fretta come non mai. Ma si ha pure l’impressione che appunto negli ultimi tre decenni si sia venuta avvitando nel cervello dei terrestri una sorta di ossessione sistematoria sempre più incalzante, vorticosa, per cui ad esempio degli Anni Sessanta si discute come delle Crociate, mentre il cinema dei primi Anni Ottanta, il teatro degli ultimi Anni Settanta, la pubblicità a cavallo tra Ottanta e Novanta già si sono guadagnati stuoli solenni di esegeti e specialisti. E’ come se, via via che le cose accadono, la gente ne avvertisse la precipitosa irrilevanza voltandosi poi immediatamente indietro per farle non rivivere, ma vivere a posteriori.”
Così scriveva Carlo Fruttero negli Anni Novanta. Era l’introduzione all’edizione tascabile Einaudi de “Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza” a cura dello stesso Fruttero e di Sergio Solmi (prima edizione: 1959). La lettura è altamente consigliata, non solo per la bella selezione di racconti, non tutti noti, ma anche per la brillante prefazione di Solmi, che in una quindicina di pagine traccia un quadro critico della science-fiction a dir poco prezioso. Il parallelo con il romanzo cavalleresco visto come primo esempio di “folklore letterario internazionale”, è particolarmente illuminante.
[la foto viene dalla serie che ho scattato questo weekend a Venezia. l’ambientazione era come quella del racconto di Ray Bradbury: Pioggia senza fine]