Si chiama Stay Home Turtle ed è frutto del genio visionario di Jeremy Fish.
[via core77]
L’artista coreano Dong Wook Lee dà vita a strane creature. Tutte alte due mele o poco più. Ma anche meno…
Un suo lavoro è attualmente esposto a Modena nella mostra Egomania.
Nella foto: Green Giant, 2003
“This is the sex blogger. She works for a high rated site, writing about sex, new toys, and adult trends today. She slips into a something slinky, and relaxing, and starts right in with work. This can be a tedious job. You have to read different sites for ideas. Copy articles, pictures etc. There are sex toys to try out, which is very exhausting.”
[via sexblo.gs]
Fino al 2 aprile 2006 è aperta presso la Hayward Gallery di Londra, una grande retrospettiva sul lavoro di Dan Flavin, l’uomo che ha reso il neon celebrale poesia. In occasione della mostra, è stato creato un sito web (Dedications) dove creare il proprio assemblage di tubi luminosi e poi dedicarlo a qualcuno. Ipnotico.
Il cinese Wang Qingsong ha realizzato una vetrina per Selfridges, a Londra. L’installazione si chiama Follow Me. Quando si dice seguire le mode…
[via daily times]
Le opere di Begoña Morales. Ovvero la scultura come fermo immagine…
[via exibart]
Alla Konsthall di Malmö sta per inaugurare una grande mostra del brasiliano Ernesto Neto. Tra i suoi lavori, sempre di enorme suggestione, vi segnalo Humanoids, sculture morbide che i visitatori sono invitati a indossare. Infilandocisi dentro tramite piccole e scomode aperture. Per provare l’esperienza di una nuova, aliena, corporeità.
Alcune immagini dal nuovo film di Michel Gondry, The Science of Sleep. Continua l’esplorazione del mondo della mente…
[via mbf]
Per noi romani è un vegetale piuttosto familiare (anche se è facile incantarsi a guardarlo mentre lo si cucina). Ma la perfetta struttura frattale del cavolo romanesco stupisce e affascina…
Il mondo dell’arte secondo Eliott Arkin…
All’interno della mostra Notre histoire, allestita al Palais de Tokyo di Parigi, spicca l’opera di Adel Abdessemed, Habibi (2003). E’ uno scheletro umano gigantesco, sospeso, lungo 17 metri. Ehm. Mai sentito parlare di Gino De Dominicis? Il suo Calamita Cosmica (1990 – 24 metri di lunghezza), di gran lunga più inquietante, con il naso da pinocchio e la lancia nella falange, è stato di recente ricostruito ed esposto ad Ancona (Mole Vanvitelliana, giugno – ottobre 2005).
Ieri sera ha aperto al MACRO di Roma la mostra di Leandro Elrich, giovane e promettente artista argentino.
Le opere? “Un ascensore che non sale e non scende, una piscina in cui non si può nuotare, uno specchio che non riflette, una tromba delle scale visibile solo frontalmente, luci che filtrano al di sotto di una porta che si apre invece su una stanza buia.”
Le ultime due citate sono visibili nella mostra romana, che vale una visita. Anche il sito web di Elrich è da visitare. Nonostante l’interfaccia non proprio furba e i vari caricamenti flash.
Eccezionale questa galleria di pubblicità vintage. Piccoli indemoniati a tavola (e non solo)…
[via boing boing]
Loro si chiamano Atrium Project (Riccardo Arena e Claudia Dallagiovanna). Realizzano video, installazioni e ceramiche. Queste ultime, in particolare sono geniali. Tutta da spulciare la galleria sul loro sito (fate attenzione ai titoli).
Nella foto: Premere qui per aprire un’immagine .jpg dell’ultimo uomo che rimarrà sulla terra, maiolica dipinta a mano, 10×10 cm
Due link preziosi per fare il punto sullo stato dell’arte del videoclip.
Al primo posto, rispettivamente, Sigur Ros e Aphex Twin. Ma entrambe le liste sono zeppe di cose imperdibili. Nell’immagine, uno dei miei preferiti, Evil, degli Interpol, diretto dal grandioso Charlie White (qui un servizio che racconta la sua serie fotografica più famosa, quella con l’alieno [?] Joshua).
[via greg.org]
Secondo i Temporary Services gli stereotipi sull’arte e sugli artisti (pittori pazzi, ubriaconi, buffoni) che vediamo quotidianamente nei prodotti culturali mainstream (fiction, sit-com, film) sarebbero indicativi dell’impatto che gli artisti stessi hanno sul mondo che li circonda. A giudicare da questo resoconto non se la stanno cavando molto bene…
Red Shoe Delivery Service è un collettivo di artisti di Portland (US). Prelevano la gente per la strada, gli offrono un passaggio per la destinazione verso cui sono diretti e, durante il viaggio, mostrano le loro opere. Ma per salire sul camioncino bisogna prima infilare le scarpette rosse (quelle di Dorothy del Mago di Oz) e recitare la formula magica: “There’s no place like…”
Qui un video di una delle performance, a New York nel 2003.
[via DVblog]
Bea Camacho, durante una performance durata 11 ore, si è sferruzzata da sola una specie di bozzolo. Che finisce per inglobarla quasi tutta…
[via glubibulga]
Tornando alle cose viste a New York, vale la pena di segnalare i lavori del canadese Brian Jungen, esposti al New Museum. Due le opere che mi hanno colpito. Gli enormi scheletri di cetaceo fatti con le sedie di plastica (quelle da giardino proprio) e le maschere cerimoniali degli Indiani Dàne-Zaa costruite con le scarpe da ginnastica (Nike Air Jordan, nello specifico). Una strana commistione, specie in queste ultime, tra cultura pop e antichi rituali…
L’immenso Jerry Saltz spiega cos’è la critica d’arte oggi. O meglio, come dovrebbe essere e non è. E come l’assenza di occhio e pensiero critico uccida l’arte. E tante altre cose. Che non potevano essere dette meglio di così…
“The best critics look for the same things in contemporary criticism that they look for in contemporary art. But they also have an eye. Having an eye in criticism is as important as having an ear in music. It means discerning the original from the derivative, the inspired from the smart, the remarkable from the common, and not looking at art in narrow, academic, or “objective” ways. It means engaging uncertainty and contingency, suspending disbelief, and trying to create a place for doubt, unpredictability, curiosity, and openness.”
Girando per New York (a NoLita per la precisione) qualche giorno fa, non ho potuto fare a meno di notare questo graffito. Proprio dietro l’angolo c’era un enorme billboard/megaschermo a forma di PSP. Ho naturalmente immaginato che ci fosse una connessione tra le due cose, ma non di questo tipo. Scopro ora che si tratta di un tassello della campagna pubblicitaria della Sony, che paga regolarmente gli spazi occupati con lo spray (muri, serrande etc). Qui un post su journalisms e qui un articolo del Philadelphia Inquirer.
Pare anche che l’esperimento di marketing virale non stia andando così bene…
Tornata ieri da una decina di giorni newyorchesi. Comincio il nuovo anno segnalando il lavoro di Guillame Pinard, artista francese visto in una delle poche gallerie aperte a Chelsea nella settimana natalizia. Alla Team è esposta una delle sue animazioni surreali. Buon inizio di 2006 a tutti.