I filippini della critica


Non è che Bonito Oliva sia il massimo della simpatia, ma bisogna riconoscergli che ogni tanto spara delle definizioni irresisitibili. Nell’intervista che gli hanno fatto quelli di labiennale.tv a Venezia, definisce i giovani curatori “i filippini della critica”.
Da non perdere anche l’intervista ad Angela Vettese, simpatica come un graffio sulla fiancata; a Bruna Esposito, che non capisce la domanda (d’altra parte l’intervistatrice le fa una supercazzola in stile Mammuccari) e risponde con una frase jolly, e a Francesco Bonazzi, in pieno delirio alcolico-festaiolo (“la biennale è un party continuo…una multifesta”).

3 Comments I filippini della critica

  1. Roldano De Persio

    Metto le mani avanti: Io amo l'idea di arte contemporanea. Detto questo non capisco la frase filippini della critica. Filippini in quanto che nell'immaginario collettivo i filippini sono quelli che nascono per fare i domestici? Non è un tantino razzista come frase o sbaglio? Io ho visto dei filippini giovani, ragazzi e ragazze, che facevano le prove per il ballo di società. Quelle prove erano quanto di più artistico e contemporaneo potessi vedere in vita mia. Immagina un look da bande metropolitane, stile Los Angeles per intenderci, e contemporaneamente passi di danza del diciottesimo secolo. L'effetto finale è a dir poco surreale.

  2. Valentina

    Si certo. Voleva dire "domestici". Mah, non credo che ci sia del razzismo. E'un'espressione entrata nel linguaggio comune a causa di un fenomeno sociale piuttoto diffuso, almeno nel nostro paese (i domestici filippini). In questo caso Achille voleva sottolineare una specie di asservimento (retribuito) da parte dei giovani curatori ai grandi poteri del sistema dell'arte.
    Dove hai visto quelle prove?
    ciao
    vale

  3. Roldano De Persio

    Ho avuto occasione di vedere le prove nel centro pilipino presso la chiesa di Santa Pudenziana a Roma. In foto le prove sono ancora più affascinanti.
    ciao
    Roldano

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