Amen

L’immenso Jerry Saltz spiega cos’è la critica d’arte oggi. O meglio, come dovrebbe essere e non è. E come l’assenza di occhio e pensiero critico uccida l’arte. E tante altre cose. Che non potevano essere dette meglio di così…

“The best critics look for the same things in contemporary criticism that they look for in contemporary art. But they also have an eye. Having an eye in criticism is as important as having an ear in music. It means discerning the original from the derivative, the inspired from the smart, the remarkable from the common, and not looking at art in narrow, academic, or “objective” ways. It means engaging uncertainty and contingency, suspending disbelief, and trying to create a place for doubt, unpredictability, curiosity, and openness.”

Fai come se fossi a casa tua


Un interessante articolo di Adrian Searle pubblicato sul Guardian commenta l’ultima mostra di Rirkrit Tiravanija a Londra. Dopo aver cucinato zuppe, costruito sale da thè e spazi ricreativi, l’artista thailandese ricostruisce il suo appartamento di New York all’interno della Serpentine Gallery. Tutto, fino nei dettagli. I visitatori possono rilassarsi sul divano, cucinare qualcosa, usare il bagno. Fa tornare in mente l’artista conviviale, buffa definizione che Antoine Prum ha di recente affibbiato agli artisti relazionali (corrente effettivamente bene rappresentata da Tiravanija).

Mentre si chiede se la voglia di coinvolgere il pubblico non sia diventata una consuetudine irritante e di maniera, Searle stila un sintetico ma efficace compendio dei tentativi di trasformare la vita in arte (e viceversa?):

Artists have walked for art, slept for art, made love and, in the case of one Austrian Aktionist, allegedly cut off his penis for art. The audience too has been invited to participate in often silly ways. We’ve stripped for art, worn stupid costumes for art, moved a mountain with a shovel for art (this last being a beautiful work by Francis Alÿs), been bored to tears, if not to death, for art and by art.

Amen.

I filippini della critica


Non è che Bonito Oliva sia il massimo della simpatia, ma bisogna riconoscergli che ogni tanto spara delle definizioni irresisitibili. Nell’intervista che gli hanno fatto quelli di labiennale.tv a Venezia, definisce i giovani curatori “i filippini della critica”.
Da non perdere anche l’intervista ad Angela Vettese, simpatica come un graffio sulla fiancata; a Bruna Esposito, che non capisce la domanda (d’altra parte l’intervistatrice le fa una supercazzola in stile Mammuccari) e risponde con una frase jolly, e a Francesco Bonazzi, in pieno delirio alcolico-festaiolo (“la biennale è un party continuo…una multifesta”).

Viaggi nel tempo

Mettendo insieme del materiale per un intervento all’Università ho ritrovato questo:

“La sovrabbondanza di mezzi è il primo grande pericolo che l’arte deve affrontare. Quest’espressione è invero illogica (non c’è una sovrabbondanza di mezzi, ma un’incapacità di impadronirsene), ma si giustifica nella misura in cui riesce ad esprimere l’assurdità della nostra situazione. […] L’industria, la speculazione e la scienza applicata alla vita devono portare fino in fondo questo processo della dissoluzione dei tipi artistici esistenti prima che possa seguirne qualcosa di buono e di nuovo”.

(G. Semper, Scienza, industria e arte, 1852)

Mi sembra, a un secolo e mezzo di distanza, un’affermazione sulla quale riflettere.

Romanticismo hi-tech

Su Panorama Web di questa settimana Federico Ugolini firma un pezzo dal titolo Artisti Digitali. Creano con il mouse, espongono solo in Rete. Io che mi occupo di arte digitale da anni naturalmente non potevo esimermi dalla lettura. Non l’avessi mai fatto, mi è andata la colazione per traverso, altrochè…

Si parte con il sottotitolo “realizzano quadri virtuali usando sistemi HI-TECH” e poi si prosegue con espressioni tipo: “cyberpittori”, “pennelli digitali”, “Net ARTE” (sic!). E non importa se critici e studiosi abbiano riversato fiumi di inchiostro cercando di definire le specificità di correnti come la Videoarte, la computer art, la Net Art. No, secondo il giornalista di Panorama sono tutti sinonimi.

Ma quali sono gli artisti che esemplificano meglio questa sorta di cyber-net-web-digital-computer art? Sorpresa! Sono GRAFICI e WEB DESIGNERS! E nemmeno la frangia d’avanguardia. Non parliamo di maghi dell’interfaccia, di geni dello stile grafico, di webguru. Qua si parla quasi esclusivamente della setta degli “adepti del fotoritocco”.

Infatti il primo sito citato si chiama www.graphiczoneonline.it. Vado a visitarlo e scopro che si tratta del “sito dedicato a Photoshop”. Allora provo con il secondo: www.noredstars.com. Un altro sito di web design. Ok, forse www.computer-grafica.com? Manco per sogno, sempre grafica e fotoritocco. Illustrano l’articolo immagini tipo: donna con parte inferiore del corpo composta di una mano enorme, il tutto sullo sfondo di un fosco cielo rossastro.Tanto valeva pubblicare i calendari di Max, con la differenza che lì l’uso di Photoshop è molto più raffinato…

Io poi pensavo che “l’Oscar della NETTARTE” fossero i Webby Awards, oppure la Nike di Ars Electronica…Invece no, si tratta dell’American Design Awards.

Ora io capisco che non sempre è facile distinguere l’arte digitale dalla grafica. E’ anche vero che la Net Art è un fenomeno misconosciuto. E’ vero pure che da sempre l’uomo tende ad usare metafore del vecchio per interpretare il nuovo. Ma io quando sento parlare di pennelli digitali, pittori virtuali, mostre interattive e cybercreativi, mi deprimo. Possibile che l’arte evochi ancora nell’immaginario collettivo sempre e solo pennelli, tavolozze, camici sporchi, basco e baffetti alla Dalì? Ecco la versione aggiornata del mito dell’artista romantico, una roba che nemmeno Schelling, Goethe e Croce tuttietreinsieme sarbbero stati in grado di partorire: “…si lasciano trasportare dai colori e sono sempre alla ricerca della sfumatura migliore, altri si ispirano con una breve navigazione on-line”

E cosa contraddistingue gli artisti digitali rispetto a quelli analogici? “Ispirazione, fantasia, creatività”. E vai col tango…