Umanoidi


Alla Konsthall di Malmö sta per inaugurare una grande mostra del brasiliano Ernesto Neto. Tra i suoi lavori, sempre di enorme suggestione, vi segnalo Humanoids, sculture morbide che i visitatori sono invitati a indossare. Infilandocisi dentro tramite piccole e scomode aperture. Per provare l’esperienza di una nuova, aliena, corporeità.

Scheletri


All’interno della mostra Notre histoire, allestita al Palais de Tokyo di Parigi, spicca l’opera di Adel Abdessemed, Habibi (2003). E’ uno scheletro umano gigantesco, sospeso, lungo 17 metri. Ehm. Mai sentito parlare di Gino De Dominicis? Il suo Calamita Cosmica (1990 – 24 metri di lunghezza), di gran lunga più inquietante, con il naso da pinocchio e la lancia nella falange, è stato di recente ricostruito ed esposto ad Ancona (Mole Vanvitelliana, giugno – ottobre 2005).

Giochi di percezione


Ieri sera ha aperto al MACRO di Roma la mostra di Leandro Elrich, giovane e promettente artista argentino.
Le opere? “Un ascensore che non sale e non scende, una piscina in cui non si può nuotare, uno specchio che non riflette, una tromba delle scale visibile solo frontalmente, luci che filtrano al di sotto di una porta che si apre invece su una stanza buia.”
Le ultime due citate sono visibili nella mostra romana, che vale una visita. Anche il sito web di Elrich è da visitare. Nonostante l’interfaccia non proprio furba e i vari caricamenti flash.

Il pulsante errato


Loro si chiamano Atrium Project (Riccardo Arena e Claudia Dallagiovanna). Realizzano video, installazioni e ceramiche. Queste ultime, in particolare sono geniali. Tutta da spulciare la galleria sul loro sito (fate attenzione ai titoli).

Nella foto: Premere qui per aprire un’immagine .jpg dell’ultimo uomo che rimarrà sulla terra, maiolica dipinta a mano, 10×10 cm

Art that moves you


Red Shoe Delivery Service è un collettivo di artisti di Portland (US). Prelevano la gente per la strada, gli offrono un passaggio per la destinazione verso cui sono diretti e, durante il viaggio, mostrano le loro opere. Ma per salire sul camioncino bisogna prima infilare le scarpette rosse (quelle di Dorothy del Mago di Oz) e recitare la formula magica: “There’s no place like…”
Qui un video di una delle performance, a New York nel 2003.

[via DVblog]

Sneakers tribali


Tornando alle cose viste a New York, vale la pena di segnalare i lavori del canadese Brian Jungen, esposti al New Museum. Due le opere che mi hanno colpito. Gli enormi scheletri di cetaceo fatti con le sedie di plastica (quelle da giardino proprio) e le maschere cerimoniali degli Indiani Dàne-Zaa costruite con le scarpe da ginnastica (Nike Air Jordan, nello specifico). Una strana commistione, specie in queste ultime, tra cultura pop e antichi rituali…

Amen

L’immenso Jerry Saltz spiega cos’è la critica d’arte oggi. O meglio, come dovrebbe essere e non è. E come l’assenza di occhio e pensiero critico uccida l’arte. E tante altre cose. Che non potevano essere dette meglio di così…

“The best critics look for the same things in contemporary criticism that they look for in contemporary art. But they also have an eye. Having an eye in criticism is as important as having an ear in music. It means discerning the original from the derivative, the inspired from the smart, the remarkable from the common, and not looking at art in narrow, academic, or “objective” ways. It means engaging uncertainty and contingency, suspending disbelief, and trying to create a place for doubt, unpredictability, curiosity, and openness.”

Città in valigia


L’artista cinese Yin Xiuzhen è l’autrice di Portable Cities. L’opera è composta da 6 valigie contenenti i modelli in miniatura di altrettante città. Palazzi, strade e ponti sono fatti con vecchi vestiti e altri materiali riciclati trovati dall’artista per le strade di ognuno dei centri urbani rappresentati.
Nella valigia di New York City, che risale al 2003, ci sono due bellissime torri gemelle trasparenti fatte in un materiale che sembra organza.

[via greg.org]

Boutique vs ambulante


Eric Doeringer è un giovane artista newyorkese. Da quattro anni ormai produce piccole riproduzioni di quadri famosi di artisti contemporanei (la serie bootlegs). E li vende con un banchetto per la strada, in genere all’ingresso di musei, fiere e grandi mostre (qui una sua intervista).
Qualche settimana fa è stato protagonista di un episodio curioso. Un gallerista di Manhattan, Mike Weiss, ha chiamato la polizia per farlo sgomberare. Quando Doeringer ha chiesto spiegazioni, Weiss ha risposto che non aveva piacere di “vedere gente che vende quadretti per la strada”, mentre lui paga un costoso affitto per la galleria, dove “vende quadri da 30.000 dollari”. Temeva forse che qualche facoltoso collezionista potesse decidere di andare al risparmio?

Shivavespa


Lui si chiama Mark Hosking ed è inglese. Nelle sue opere semplici oggetti d’uso quotidiano si trasformano completamente, diventando bizzarri macchinari che servono scopi non propriamente utili. Oppure trasfigurandosi in altri oggetti, con nuove, imprevedibili funzioni.
La sua opera più famosa si chiama Shivavespa (foto). La raggiera di specchietti retrovisori serve da pannello solare per produrre calore diretto ad una pentola. Diventando così una macchina per cucinare. In Airbag-Growbag invece, un airbag esploso in un incidente d’auto diventa un vaso per una pianta di limoni…

Animaleschi…


E’ in corso al MassMoca (Massachusetts Museum of Contemporary Art) una mostra sul rapporto tra arte contemporanea e regno animale: Becoming Animal: Contemporary Art in the Animal Kingdom (attenzione, il sito è in flash ed è annidato dentro questa lista di mostre, al 5° posto). Una parata di visioni inquietanti: ibridi uomo-animale, esseri transgenici, congegni tecnologici per facilitare il dialogo tra specie, carte da parati sovversive.
Tra tutti, segnalo Jane Alexander, Natalie Jeremijenko, Motohiko Odani (foto) e naturalmente, l’immensa Patricia Piccinini.

Una boutique nel deserto


Michael Elmgreen e Ingar Dragset sono una coppia di artisti scandinavi residenti a Berlino. Le loro installazioni sono visioni materializzate. In Italia li avevamo visti nel 2003, quando avevano fatto sbucare dal pavimento della Galleria Vittorio Emanuele a Milano, come uscita da una galleria turistica sotterranea, una macchina (la Uno bianca) con tanto di roulotte al seguito.
Una decina di giorni fa, invece, hanno fatto comparire, come portato da un tornado, un negozietto Prada in mezzo al deserto del Texas. Sembra in tutto e per tutto una boutique, solo che non ha nessuna porta d’ingresso. Una sorta di scatola del desiderio che non si può aprire. Non solo, la cosa interessante è che non è prevista, in futuro, nessuna opera di sorveglianza o manutenzione della “scultura”, che quindi subirà le intemperie, il tempo e i probabili atti di vandalismo. Diventando una specie di rudere dell’epoca della fashion-addiction.

articolo di artforum
articolo del nytimes (iscrizione richiesta)

Vatican Air Force


A Roma, presso la galleria De Crescenzo e Viesti c’è una mostra di Antonio Riello intitolata Lavori Romani. Dopo aver realizzato le famose Ladies Weapons, e dopo la trasformazione del più grande museo italiano nell’atrio di un aeroporto, l’artista veneto sforna modelli in scala di aerei e navi da guerra minuziosamente decorati e dipinti. Caccia da combattimento che potrebbero appartenere ad una ipotetica Vatican Air Force o sottomarini di una Legione Romana Sottomarina con tanto di SPQR e fregi imperiali. C’era anche un kitchissimo San Pio Rocket.