Inside Inside


“Created by Douglas Edric Stanley, Inside Inside is an interactive installation remixing video games and cinema. In between, a neural network creates associations from its artificial understanding of the two, generating a film in real-time from gameplay using images from the history of cinema.”

[via]

(Re)Erased de Kooning

Nel 1953 Robert Rauschenberg espose un disegno di Willem de Kooning cancellato. Sul foglio rimase un’ombra, un fantasma delle (in)forme che furono. Pare che il giovane Bob portò una bottiglia di liquore per farsi coraggio quando andò dal vecchio Willem con la bizzarra richiesta (“mi regaleresti un’opera… vorrei cancellarla…”). Quest’ultimo acconsentì, ma decise di rendergli la vita difficile, scegliendo con calma un disegno che amava molto. In modo che fosse “difficile da cancellare”. In questo pdf, tratto dal libro de Kooning: An American Master, la scena viene raccontata nella sua interezza. E qui c’è un’intervista a Rauschenberg.
Infine, una rivisitazione in chiave informatica del gesto iconoclasta di Rauschenberg (video di Peter Baldes). Niente ombre stavolta, un lavoretto pulito…

Anna Kournikova Deleted By Memeright Trusted System

David Rice’s perfidious short story ‘Anna Kournikova Deleted By Memeright Trusted System’ – from which curators Inke Arns and Francis Hunger have borrowed the exhibition title – deals with the concept of intellectual property: In 2065 stars – such as ex-tennis player Anna Kournikova – have their ‘brand’ protected by a satellite-based system that identifies unlicensed look-alikes and eliminates them via a strong laser beam. During a trip to the Pacific Rim, not officially cleared, the ‘real’ Anna Kournikova is identified as an imitation of herself and is consequently eliminated by the system.

Art in the Age of Intellectual Property. In mostra a Dortmund. Qui.

Emo-video

Quelle quattro persone a cui ho confessato questa bizzarra idea ormai almeno due anni fa, ora gioiranno con me. Per tutti gli altri magari sarà meno entusiasmante. Ma io lo sapevo che bastava aspettare. Lo sapevo che qualcuno prima o poi l’avrebbe fatto. Grazie Oliver Laric

In the name of Kernel

Strepitosa nuova serie di lavori per Joan Leandre (aka Retroyou). In mostra a Prato

“Al momento mi trovo in quel luogo fluttuante di considerazioni varie che prendono il nome del grido dell’uccello di ferro che vola nel crepuscolo automatico… Nel Nome di Kernel!”
(Kristopher Kubasik)

Machines are dreaming

Tornata ieri da Struttura, manifestazione dedicata all’arte e alla cultura digitale in quel di San Vincenzo (Livorno) , dove ho partecipato ad un talk sui progetti artistici Google-based. Qui il consueto set di foto. Tra le varie cose, una bellissima presentazione di Bianco-Valente. Colgo l’occasione per segnalarvi il loro lavoro. Una lucida, profonda e fascinosa ricerca sul rapporto tra corpo e mente, natura e tecnologia, neuroni e microchip, strutture cellulari e dinamiche corticali…

Blendie

I lavori di Kelly Dobson parlano del rapporto tra esseri umani e macchine. Le sue tecnologie hanno comportamenti espressivi ed empatici, reagiscono agli stimoli, sembrano confrontarsi con l’umano. Blendie è un frullatore anni Cinquanta modificato in modo da interagire con il suono della voce:

In Blendie a mix of design, art, engineering, and psychotherapy inform the interaction facilitated between participants and the familiar blender. An empathic opportunity is made manifest emphasizing and utilizing the aspects of blenders that are not what have been traditionally designed into them intentionally – i.e. their incredible sound and vibration – but that nevertheless have large roles in our interaction and approach to them.

Peam!


Sono in partenza per Pescara, dove già ieri è iniziata l’edizione 2005 del PEAM (Pescara Electronic Artists Meeting). Il programma è ricchissimo come sempre (mostre, concerti, video, net art, software, sound art e quant’altro), l’atmosfera informale e divertente. Soprattutto, c’è un numero sorprendente di gente in gamba.
Come l’anno scorso mi sono occupata di selezionare i video. 16 incredibili visioni in movimento. Visto che sono quasi tutti visibili on line, prima di zompare sul pullman vi lascio la lista con relativi links.

Rick Silva e Jeremy Jaeger, The ring tone dancer
http://ringtonedancer.contagiousmedia.org

Norma V Toraya, SelfPortrait
http://www.crankbunny.com
video: http://dvblog.org/movies/09_05/crankbunny/selfportrait.mov

Spite your face films, All of the dead
http://spiteyourface.com
video: http://www.archive.org/details/allofthedead

Jaff Seijas, The Aubergine Scream
http://www.jaffseijas.com
video: http://www.archive.org/details/AnchorMejansTheAubergineScream

Marco Romeo e Guillermo Marin, Run the Gauntlet

Abe Linkoln, Death Disco
http://www.linkoln.net
video: http://www.linkoln.net/DEATHDISCO

Laura Krikke e Bink Baulch, Miss Puniverse
video: http://www.killyourtv.us/movies/misspuniverse.htm

Daniel Schmidt, Sushi Corner
http://www.sushi-corner.de

Janphilm + Tirriddiliu & Rinus Van Alebeek, And then the day began
http://www.41mm.de

Yoshi Sodeoka / C505, My generation (Ascii Rock)
http://projects.c505.com

Dxvid, Time warp
http://homepage.ntlworld.com/a.jones44/htm/movies.htm

Vadim Vyazantsev, Sergei Zilin e Dmitry Karpov, Game Over

Karla Grundick and Mistress Koyo, Linux virgin 1.1-1-5
www.linuxvirgin.info

Rob Ryang (ps260), Shining
www.ps260.com
video: http://www.ps260.com/molly/SHINING%20FINAL.mov

Melinda Rackham, Blutxt
http://www.subtle.net
video: http://www.subtle.net/blutxt/

Ian Haig, Liberv vel Reguli!
http://www.ianhaig.net
video: http://www.ianhaig.net/pignose.mov

Ars Electronica part III: i pupazzi


Ultima parte del resoconto diviso in aree tematiche di Ars Electronica 2005. Sorprendete affollamento di pupazzi, robottini, creaturine reali e virtuali. Nella sezione dedicata all’animazione meritano una segnalazione le rane di pezza (vicine parenti di Kermit) del video francese Overtime, omaggio al papà dei Muppets Jim Henson. L’animazione racconta di un gruppo di rane fantoccio che, di fronte alla morte del proprio creatore, non sanno inizialmente darsi una spiegazione e cercano di continuare la vita di tutti i giorni. In un bianco e nero raffinato e struggente.
Tra i pupazzi veri, spiccano i due filosofi di Watschendiskurs, impegnati in discussioni sulla teoria del linguaggio. Citano Wittgenstein e proverbi russi sul tempo. Ogni tanto si schiaffeggiano e cambiano argomento.
Infine, il dispettoso Pussy Weevil, una creaturina verde che vive dentro uno schermo. E reagisce alla presenza dello spettatore: Se si è lontani il suo comportamento è insolente, ma se ci si avvicina diventa timido e magari scappa pure. Sembra che l’intenzione fosse quella di fornire una “caustica parodia” dei comportamenti dei politici.

Ars Electronica part II: gli sportivi


Ovvero le installazioni che richiedono abilità atletiche e sudore. Ho apprezzato il grande tapiroulant da cardiopalma di Marnix de Nijs, soprattutto per il titolo, un garbata esortazione per lo spettatore: Run Motherfucker RunNon me la sono sentita di provarlo, ma ho assistito alla performance di un impavido ragazzetto giapponese che ha affrontato l’infernale congegno addirittura scalzo. Piuttosto antipatica invece Jumping Rope, dove il gioco è quello classico della corda, ma visto che quest’ultima è invisibile, ci vuole molta immaginazione per saltare decentemente e al momento giusto. Se ti riveli una mezza sega i personaggi in video che reggono la “corda” ti sbeffeggiano pure. Finiamo con il tennis, che nell’installazione Interface #4 / tennis V180, si può giocare usando dei monitor come racchette. Anche qui è richiesta molta immaginazione, ma molto meno sforzo fisico.

Ars Electronica part I: lo zoo


Allora, visto che raccontare tutto in ordine cronologico sarebbe un’impresa titanica, segnalerò alcune delle cose viste ad Ars Electronica procedendo per temi. Cominciamo dalla parte zoofila. La palma per il progetto più discutibile dell’anno se lo aggiudica Cockroach Controlled Mobile Robot #2, un robot letteralmente “guidato” da uno scarafaggio ENORME. Non ho obiezioni animaliste da fare (pare che quel tipo di insetto sia a suo agio in spazi ristretti e che non senta dolore), ma confesso di non aver capito il punto. Non mi sembra particolarmente bello, nè visionario, nè mi sembra che tocchi qualche nervo scoperto a livello teorico-culturale. Insomma, se qualcuno ci trova un qualche interesse che non sia puramente curiosity-based, mi piacerebbe sapere qual’è.
Electronic Life Forms è un po’ più evocativo: insetti robotici alimentati ad energia solare abitano tra piante vere. Ma il progetto più interessante è quello premiato con il riconoscimento speciale della giuria. Sto parlando di Strandbeest di Theo Jansen. Le sue grandi “bestie da spiaggia” sono davvero creature di enorme fascino. Sono grandi scheletri (o fossili?) costruiti con tubicini di plastica e sono in grado di camminare da soli. Senza ausilio di motori, computer o energia elettrica, i bestioni si spostano con movenze estremamente organiche, con il solo ausilio del vento. Il miglior progetto di Ars Electronica, insomma, non è elettronico manco un po’. Ma è molto più nuovo di tante installazioni interattive sparse per le mostre. Quelle, per capirci, dove tu ti muovi, spingi un bottone, fai un saltino, e qualcosa sullo schermo reagisce. Ho sempre di più la sensazione che questi meccanismi di interazione così elementari (stimolo-risposta) abbiano fatto il loro tempo. Alla prossima puntata.