L’inconscio ottico

La realtà spesso esplode negli scatti di Martin Klimas. E la fotografia, ancora una volta, ci mostra ciò che ad occhio nudo non riusciamo a cogliere. Walter Benjamin lo chiamava inconscio ottico:

“La natura che parla alla macchina fotografica è una natura diversa da quella che parla all’occhio; diversa specialmente per questo, che al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall’uomo, c’è uno spazio elaborato inconsciamente. Se è del tutto usuale che un uomo si renda conto, per esempio, dell’andatura della gente, sia pure all’ingrosso, egli di certo non sa nulla del loro contegno nel frammento di secondo in cui si allunga il passo. La fotografia, coi suoi mezzi ausiliari: con il rallentatore, con gli ingrandimenti glielo mostra. Soltanto attraverso la fotografia egli scopre questo inconscio ottico, come, attraverso la psicanalisi, l’inconscio istintivo.”

(W. Benjamin, Piccola storia della fotografia, 1931)

[via roba]

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