Abbiamo bisogno di Goya

Un articolo del Guardian di qualche giorno fa si chiude con una frase del critico d’arte David Lee che recita più o meno così: “Abbiamo bisogno di un Goya in questo momento. Avrebbe realizzato qualcosa di davvero velenoso su questo fiasco in Iraq”.

Ci pensavo da qualche giorno ai Disastri della guerra di Goya, associazione mentale ovviamente stimolata -nella mia mente deviata di storico dell’arte- dalle tremende immagini televisive di questi giorni. Forse non vuol dire niente, ma vorrei lo stesso raccontarvi questa storia. Nel 1863, tre decenni dopo la morte dell’autore, vide la luce la prima edizione dei Disastri, una serie di incisioni crude e impietose sulla guerra. Nel 1937 Picasso ripensa a Goya per la sua Guernica. Nello stesso anno viene stampata una preziosa edizione di quelle incisioni, direttamente dalle lastre originali, per protestare contro la guerra civile in Spagna. Nel 2001 una coppia di irriverenti artisti inglesi, Jake e Dinos Chapman acquista alcune di queste stampe, con le 500.000 sterline che Saatchi gli sgancia per comprare una loro installazione. L’installazione si chiama HELL ed è una delle opere più discusse della mostra Apocalypse, un plastico agghiacciante in cui migliaia di soldatini, vestiti con le uniformi tedesche della Seconda Guerra Mondiale, si mutilano a vicenda nei modi più orribili. Nel 2003 i fratelli Chapman decidono di “modificare” le incisioni di Goya trasformando i volti dei protagonisti in inquietanti pupazzi. Mi sembra che questa storia contenga molti spunti di riflessione: sulle guerre (su tutte le guerre), sulla capacità degli artisti di raccontarle e sulla “paraculaggine” dei Chapman. Hanno le incisioni da due anni, dichiarano di aver pensato sin da subito di modificarle, ma aspettavano una guerra per farlo…Insult to injury è, nonostante tutto, un’opera stimolante, se non altro per tutta la storia che ha alle spalle. Un po’ meno per le rituali voci indignate che grideranno al capolavoro sfregiato…