The RGB Colorspace Atlas by New York-based artist Tauba Auerbach is a massive tome containing digital offset prints of every variation of RGB color possible.
[via colossal]
The RGB Colorspace Atlas by New York-based artist Tauba Auerbach is a massive tome containing digital offset prints of every variation of RGB color possible.
[via colossal]
“56 Broken Kindle Screens” is a print on demand paperback that consists of found photos depicting broken Kindle screens. The Kindle is Amazon’s e-reading device which is by default connected to the company’s book store.
The book takes as its starting point the peculiar aesthetic of broken E Ink displays and serves as an examination into the reading device’s materiality. As the screens break, they become collages composed of different pages, cover illustrations and interface elements.
56 Broken Kindle Screens – Photographed E Ink, Collected Online, Printed On Demand
Silvio Lorusso and Sebastian Schmieg, 2012
More info here: silviolorusso.com/home/?project=56-broken-kindle-screens
and here: sebastianschmieg.com/56brokenkindlescreens/
[via collectthewwworld]
Niente di speciale, solo un regalino di Natale. Se ti interessa ricevere una copia gratis del mio libro “Random” e hai un account di Facebook, clicca qui, compila la form e aggiungi una motivazione.
Sceglierò due vincitori tra tutti i partecipanti.
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Nothing special, just a Christmas Gift from me. If you’re interested in receiving a free copy of my book “Random” and you have a Facebook account, click here, fill in the form and add a motivation.
I’ll choose two winners among all the participants.
“The book “’Traumgedanken’ (“Thoughts on dreams”) contains a collection of literary, philosophical, psychological and scientifical texts which provide an insight into different dream theories.
To ease the access to the elusive topic, the book is designed as a model of a dream about dreaming. Analogue to a dream, where pieces of reality are assembled to build a story, it brings different text excerpts together. They are connected by threads which tie in with certain key words. The threads visualise the confusion and fragileness of dreams.”
More info here.
Trevor Paglen’s long-awaited first photographic monograph, Invisible: Covert Operations and Classified Landscapes, which highlights the array of tactics Paglen uses to depict both what can and cannot be seen.
[via aperture.org]
Amusing Ourselves to Death is a great book written by Neil Postman in 1985. A very effective summary is provided by this comic. Are we gonna be killed by our “infinite appetite for distractions”? Postman basically referred to television, but what about the Web, paradise of non-stop and always available distractions?
“Le cose cambiano, si dice, corrono in fretta come non mai. Ma si ha pure l’impressione che appunto negli ultimi tre decenni si sia venuta avvitando nel cervello dei terrestri una sorta di ossessione sistematoria sempre più incalzante, vorticosa, per cui ad esempio degli Anni Sessanta si discute come delle Crociate, mentre il cinema dei primi Anni Ottanta, il teatro degli ultimi Anni Settanta, la pubblicità a cavallo tra Ottanta e Novanta già si sono guadagnati stuoli solenni di esegeti e specialisti. E’ come se, via via che le cose accadono, la gente ne avvertisse la precipitosa irrilevanza voltandosi poi immediatamente indietro per farle non rivivere, ma vivere a posteriori.”
Così scriveva Carlo Fruttero negli Anni Novanta. Era l’introduzione all’edizione tascabile Einaudi de “Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza” a cura dello stesso Fruttero e di Sergio Solmi (prima edizione: 1959). La lettura è altamente consigliata, non solo per la bella selezione di racconti, non tutti noti, ma anche per la brillante prefazione di Solmi, che in una quindicina di pagine traccia un quadro critico della science-fiction a dir poco prezioso. Il parallelo con il romanzo cavalleresco visto come primo esempio di “folklore letterario internazionale”, è particolarmente illuminante.
[la foto viene dalla serie che ho scattato questo weekend a Venezia. l’ambientazione era come quella del racconto di Ray Bradbury: Pioggia senza fine]
Ad un mese esatto dal mio ultimo post, riemergo dal caos primordiale innescato nella mia vita dal cambio di lavoro-città-casa. Non posso dire di aver trovato un assetto, ma intravedo la luce.
Ho navigato poco negli ultimi mesi, ma ho letto molto, soprattutto libri che erano nella lista delle priorità da anni/decenni. Uno di questi è “La vita agra” di Luciano Bianciardi. Oltre al consiglio bibliografico vi lascio anche il link ad un bellissimo filmato disponibile su Youtube (ma esiste anche una versione cinematografica del romanzo, diretta da Carlo Lizzani nel 1964). Si tratta di una trasmissione tv andata in onda sulla Rai nel 1962 in cui Bianciardi veste i panni del protagonista del libro (che è ampiamente autobiografico). La Milano dei primi anni Sessanta, il mito del miracolo economico che mostra precocemente i suoi risvolti disumani, il ritratto ironico e impietoso di certa industria editoriale…
“E’ la storia di una solenne incazzatura, scritta in prima persona singolare”.
(Luciano Bianciardi)
Sul Ny Times una fantastica galleria di doppi ritratti. Una foto al corpo e una all’avatar…
Avevamo già parlato dell’estetica irresistibile della sedia di plastica qui, commentando il monumento firmato Piero Golia. Ora Jens Thiel sta preparando un libro e una mostra dedicate alla monobloc plastic chair. In attesa dell’uscita del testo, Jens posta frammenti della sua ricerca su functionalfate.org. Tutte da vedere le fotografie, sul blog e sul Flickr Group dedicato. La monobloc è il vero oggetto globale, guardare per credere.
Books of the Bunny Suicides.
Secondo i Temporary Services gli stereotipi sull’arte e sugli artisti (pittori pazzi, ubriaconi, buffoni) che vediamo quotidianamente nei prodotti culturali mainstream (fiction, sit-com, film) sarebbero indicativi dell’impatto che gli artisti stessi hanno sul mondo che li circonda. A giudicare da questo resoconto non se la stanno cavando molto bene…
E’ uscito il libro Doom. Giocare in prima persona, a cura di Matteo Bittanti e Sue Morris. C’è anche un mio saggio sul rapporto tra FPS e arte contemporanea. Il volume fa parte di una fantastica collana di testi critici sui videogiochi e il videogiocare.
Domani partecipo ad un convegno a Padova nell’ambito di Videopolis, festival di cinema, video e corti sul tema della città. Quest’anno il tema è particolarmente affascinante. Si intitola Nero metropolitano: il lato oscuro della città. Parlerò di città tecnologiche e cupe visioni del futuro, dell’ambiente metropolitano visto dagli artisti e della rete come spazio pubblico.
*nella foto un’opera dell’artista francese Laurent Grasso
Anton Corbijn racconta, da più di trent’anni, una cultura di confine, che si muove tra musica ed immagine. I suoi soggetti più popolari sono le icone dello star system, che ritrae utilizzando un linguaggio scarno e minimale. Parallelamente all’attività di fotografo, verso la metà degli anni Ottanta, Corbijn comincia a dirigere video musicali; tra gli artisti con cui ha collaborato troviamo David Sylvian, Joni Mitchell, Nick Cave, Red Hot Chili Peppers, Mercury Rev, Depeche Mode, U2. Nel 1993 vince l’MTV Music Award per il miglior video dell’anno con Heart Shaped Box dei Nirvana.
Giovedi 24 novembre inaugura a Roma presso la galleria Lipanjepuntin la mostra U2&i, in cui il fotografo olandese espone il lavoro di ventitrè anni di collaborazioni con gli U2.
Di Corbijn così ha scritto Paul Hewson, in arte Bono: “Quando ho incontrato Anton per la prima volta, gli ho avanzato subito alcune richieste… fammi sembrare alto, magro, intelligente e con un grande senso dell’umorismo… Dunque vorresti essere come me, fu la sua risposta. Così è Anton Corbijn: un nuovo maestro olandese, un uomo divertente, un serio fotografo, un silenzioso film-maker capace di ballare. E allora, qual’è il suo problema? Anton, alla fine, avrebbe sempre voluto essere un batterista”.
(nella foto: U2 – Fathers and Sons, Dublin 1999)
Sto leggendo I Nuovi umanisti. L’autore è John Brockman, il più convinto sostenitore della nascita della cosiddetta “terza cultura”, una nuova attitudine che abbatte e supera la tradizionale scissione tra cultura umanistica e scientifica.
In uno dei saggi migliori della raccolta, intitolato “Il software è un solvente culturale“, parlando di proprietà, contenuti e licenze si legge:
“Nell’era dell’informazione abbiamo bisogno di passare ad una concezione più profonda di proprietà, intesa come un corpus di diritti. Il debutto del replicatore di Star Trek (di cui oggi possiamo vedere gli antenati nelle macchine per prototipi e nelle stampanti 3D) significherà che gli oggetti fisici potranno essere copiati, proprio come i libri, i CD e il software. Un giorno la Ford non sarà un’azienda automobilistica, ma una società di proprietà intellettuale che vi concederà in licenza un complesso progetto per la manipolazione della materia. Voi non possederete una T-Bird modello 2030: vi verrà solo concesso il diritto a mantenere degli atomi in quella configurazione per tre anni”
(Jordan B. Pollack)
*update: manco a farlo apposta. gli scienziati della Rice University hanno costruito una nanocar, cioè una micromacchina molecolare
[via boing boing]
Con lo spam combattiamo quotidianamente, in alcuni casi abbiamo imparato a conviverci. A volte ci diverte persino. Con le sue immagini improbabili, i suoi slogan sgrammaticati, i suoi maldestri tentativi di personalizzazione. Ma nonostante tutto, rimaniamo privi di armi efficaci per combatterlo. Jonathan Land invece di cestinare i messaggi ha risposto. A tutti e nel merito delle richieste ricevute. Il risultato è esilarante, intelligente, provocatorio. The Spam Letters è un sito e un libro. Qui, invece, un blog-archivio delle immagini prese dai messaggi di spam. Con commenti illustri.
[via neural]
Nelle online galleries della British Library è possibile visionare integralmente molti manoscritti storici di enorme importanza. In questi giorni è stato aggiunta la prima versione di Alice nel paese delle meraviglie, scritta e illustrata a mano da Lewis Carroll. Il libro si può sfogliare pagina per pagina.
[via boing boing e mbf]
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)
Calvino moriva il 19 settembre del 1985 a Siena. Vent’anni fa.
Si chiama Abbracciami stretto e l’autrice è la svedese Anna Jahnsson.
Nel bellissimo libro di interviste a Damien Hirst, appena uscito per la postmediabooks (leggetelo!), l’artista inglese parla ad un certo punto del suo collega Marc Quinn e della sua opera più famosa: un calco della sua testa fatto del suo stesso sangue congelato (nove pinte). Dice “sembra sempre che stia sul punto di sciogliersi, poi non lo fa mai. come il sorbetto.”
Veramente è dall’estate di due anni fa che circola la voce del suo scioglimento, dicono per colpa degli operai che ristrutturavano la casa del collezionista Saatchi. Hanno staccato la spina del freezer e insieme ai ghiaccioli è andata sciolta pure la testa di Quinn. Come no, e magari lo squalo di Hirst lo tiene in garage…