Antipasto all’Antipasto

Weekend all’insegna dell’arte contemporanea con l’ormai rituale Arte all’Arte, manifestazione che, negli intenti, dovrebbe fondere arte, paesaggio, architettura, enogastronomia e chi più ne ha più ne metta. Ne ho vista solo metà quest’anno e mi sono pure annoiata. Qua le cose sono due: o il panorama artistico contemporaneo (almeno in Italia) si sta ammosciando paurosamente, oppure io mi sto scoglionando. Ai posteri l’ardua sentenza.

In compenso però sabato sera sono stata alla Sagra dell’antipasto (sic!) alle porte di Siena, e poi a S.Gusmè, dove ogni anno festeggiano un personaggio chiamato Luca Cava…capito o’ ggioco di parole? (vedi foto). Incredibile ma vero…

Si accettano proposte

Attenzione: sto per fare un uso iper-personale e molto scorretto di questo spazio.

Mettete il caso che: io scrivo per una testata giornalistica per oltre un anno; non mi pagano (nonostante le ripetute promesse); la redazione mi tratta pure male; io decido a malincuore di abbandonare il progetto. Poi vedo il giornale in edicola, lo sfoglio e scopro che nella mia ex-rubrica c’è un articolo di una tizia che è un plagio/maldestra scopiazzatura di un mio articolo di oltre tre anni fa (pure bruttarello devo dire…).

Ecco, io adesso vorrei da tutte le persone che leggeranno questo post suggerimenti su possibili meccanismi di: ritorsione, rappresaglia, venedetta, sabotaggio et similia.

Sono tutta orecchi.

Blog.art?

Riporto un articolo che ho scritto su Random perchè penso che possa interessare i bloggaroli.

Il fenomeno dei blog non sembra destinato ad arrestarsi. E accanto ai più consueti siti testuali, tra i quali spiccano anche esperimenti letterari, sono da tempo comparsi anche molti esemplari di photo-blog e drawing blog, dove i post sono composti di sole immagini. Ma l’uso creativo della piattaforma di pubblicazione più diffusa della Rete è andato oltre. E dopo la net.art si ipotizza la blog.art. Secondo Christina Ray, fondatrice del sito Blog.art, (naturalmente un blog anch’esso) quest’ultima sarebbe “un’opera d’arte che utilizza il sistema di personal publishing dei blog come mezzo di espressione. Non dei blog sull’arte, ma il blog come arte”.

I progetti presenti finora sono solo cinque (tra cui un blog muto, uno basato sugli acronimi, e uno che sperimenta con Moveble Type) ma il sito è aperto a tutti coloro che vogliano segnalare la propria opera.

glowlab.blogs.com/blogart

Tormentone della settimana #3

Stavolta per fortuna mi gira in testa un bel pezzo. Si tratta di Seven Nation Army, degli White Stripes . Il bellissimo video che accompagna la canzone ha vinto agli ultimi mtv videomusic awards solo un misero “best editing”. La canzone è bella tesa e monotona -praticamente solo un riff- cioè la mia canzone ideale. Niente schema strofa-ritornello-strofa-bridge etc…

dal testo

I’m gonna fight ’em off

A seven nation army couldn’t hold me back

They’re gonna rip it off

Taking their time right behind my back

And I’m talking to myself at night

Because I can’t forget

Back and forth through my mind

Behind a cigarette

And the message coming from my eyes

Says leave it alone

notizie e curiosità

I due componenti del gruppo hanno accettato di partecipare a South Park in versione cartoni animati. Purtroppo pare che l’episodio non si vedrà in Italia.

Learning to Love PowerPoint

Un articolo che ho letto tempo fa su Wired definiva Power Point il male assoluto. Un po’ esagerato, ma con qualche verità, tutto sommato. Oggi scopro che David Byrne sta per pubblicare un libro e un dvd in cui raccoglie opere fatte con il coattissimo programma Microsoft. In questo articolo spiega anche come ha imparato ad “amare Power Point”. E mi sembra che i risultati siano molto interessanti. Un’altra conferma che il medium non è il messaggio? Oppure che il messaggio trasforma il medium? Oppure è solo ora che me ne vada a letto?

Ogni tanto riemerge

La Spiral Jetty è di proprietà del Diacenter for Arts di New York, ma se ne sta sul fondo del Grande Lago Salato dello Utah. E’ fatta di roccia nera, cristalli di sale e terra. E’ lunga 450 m e larga 4,50 m. E’ lì dal 1970. Quando Robert Smithson ce la piazzò. Da allora, ogni tanto riemerge. Quando l’acqua del lago è più bassa, in genere tra ottobre e novembre. Non so se ci andrò mai, ma la mappa per raggiungerla me la sono salvata…

Forbici, forbicine, forbicette

Sta passando “l’arrotino, l’ombrellaio”. Quello che ripara ombrelli, arrota “forbici, forbicine, forbici da giardino, coltelli da prosciutto”. Ma la parte che amo di più è: “DONNE! La vostra cucina a gasse fa fumo? Noi togliamo il fumo dalla vostra cucina a gasse”.

Devo decidermi a scendere per farmi arrotare le forbicine una volta nella vita. Anche per vederlo ‘sto ombrellaio. Però non faccio in tempo a sentirlo che già si è dileguato. Che sia un fantasma?

Intanto, per chi non lo avesse mai sentito, eccolo qua. In versione swf o mp3! Donne!

Facciamo un po’ come cazzo ci pare

Libertà, si sa, è una parola consunta e abusata. Tra i molti usi impropri l’ultimo trend sembra quello di appellarsi alla “libertà” per nascondere la mancanza di un’idea coerente, di un progetto, di un giudizio di valore, di un punto di vista.

Sono andata a vedere la mostra allestita al Palazzo delle Papesse di Siena. Nonostante il titolo e nonostante l’invito (una scheda elettorale gialla con lo stemma della banana di Warhol e la scritta “il 20 giugno vota il Palazzo delle Libertà”). La “mostra” non ha nè capo nè coda, gli artisti sono quasi tutti sbucati dal nulla (cosa hanno fatto? cosa legittima la loro presenza in un MUSEO PUBBLICO?), le opere brutte e mal allestite. Più un paio di chicche: due insulse installazioni di Aldo Nove e Giovanni Lindo Ferretti (spacciate per gran figate, nel segno della contaminazione e della multidisciplinarietà). E questa la dichiarazione di intenti:

“L’intento è quello di offrire un punto di vista multicentrico. Non vi sono restrizioni all’interno del Palazzo delle Libertà: né concettuali né espressive. […] Un anelito alla libertà dell’artista.”

Se ci fosse un pubblico più sveglio e coraggioso, ma soprattutto una critica più sincera e meno anestetizzata, queste persone sarebbero costrette a sentire la responsabilità di quello che fanno. L’arte non è tutta bella, tutta buona, tutta interessante, come sembrerebbe leggendo le riviste specializzate. Mai una stroncatura, raramente un giudizio, quasi sempre si sceglie la comoda via dell’astensione. (l’unica mostra che ci si sente autorizzati a stroncare è, non so perchè, la Biennale di Venezia)

Attenzione a non confondere “…l’arbitrarietà con la libertà, l’autoindulgenza con l’espressione”. (Hal Foster)

Aggiusta il suo computer Bill!

Secondo il Corriere della Sera il nuovo virus Lovsan-Blaster ha queste frasi scritte nel codice: “Voglio proprio dire I love San” e “Perché hai permesso tutto cio’? Smettila di fare soldi e ripara il suo computer”.

Versione in lingua originale: “I just want to say LOVE YOU SAN!! billy gates why do you make this possible? Stop making money and fix your software!!”

Ma chi gliele fa le traduzioni, Babelfish?

Fraintendimenti

Guardavo un documentario sull’Est europeo su Rai Uno stamattina e c’era una parte su Andy Warhol. Intervistavano un suo cugino cecoslovacco. Il signor Varhola raccontava: “Mia zia ci scrisse che in America Andy faceva il pittore, ma noi abbiamo sempre pensato che fosse imbianchino”.

Do’stava (e che faceva)?

Sono di nuovo nell’afosa Roma. Al momento bunkerata in casa con l’aria condizionata a tutta birra. Nelle scorse settimane sono stata in Friuli, in Slovenia e in Croazia. Ho visto molte città straordiarie e spiaggette paradisiache: ho dormito più di quanto un essere umano possa realisticamente riuscire a fare, mangiato a quattro ganasce e letto finalmente qualche romanzo. Di arte non ne ho vista granchè ma qualche cosetta nei prossimi giorni ve la racconto. Qualche computer collegato l’ho effettivamente trovato, ma, lo confesso, la nullafacenza si era completamente impossessata di me. E’ uscito il mio primo articolo su Gulliver, nel numero di agosto. Argomento: progetti d’arte wireless. Ho invece smesso, dopo un anno e mezzo, di scrivere su Next Exit per problemi di incompatibilità con la redazione.

Ah, dimenticavo il lieto evento: tra 3 giorni, il 10 agosto, RANDOM compie due anni. La sua mamma è molto orgogliosa :-)

Chiuso per ferie

Domani parto per le vacanze. E meno male perchè altri due giorni di lavoro e finivo in qualche trafiletto di cronaca nera del Messaggero. Se un computer collegato ad Internet incrocerà, per caso, la mia strada, far? qualche comparsata sul blog. Altrimenti ci si scrive tra due settimane. Haloa!

Most Art Sucks!

Mi ci sono imbattuta per caso un po’ di tempo fa e l’ho subito amata. Si tratta di Coagula, la rivista d’arte più politically scorrect del pianeta. Hanno pubblicato anche una raccolta delle loro chicche più velenose in un libro che si chiama Most Art Sucks. Ne trovate degli estratti in italiano qui.

Assolutamente mitiche le istant-biographies:

Andy Warhol

Lui vive con la mamma, va alle feste dei drogatelli, gli sparano.

Robert Rauschenberg

Lui fa l’artista, si ubriaca, vive di rendita.

Do you speak camomilla?

Non voglio scrivere l’ennesimo post sulle parole chiave assurde inserite nei motori di ricerca e ritrovate nelle statistiche del proprio sito. Si sa che il divertimento è assicurato (qualcuno è finito qui sperando di trovare ragazze nude nel fango, fabbriche di tovaglioli da bar, imbianchini e massaggiatrici…).

Quello di cui voglio parlare è una cosa un po’ diversa. Ho scoperto che c’è (tanta) gente che fa ai motori di ricerca delle vere e proprie domande. Come se parlasse con una persona. Anzi peggio. Come se parlasse con uno STRANIERO. Faccio degli esempi:

“maurizio vanni critico d’arte suo sito”

“professione vacanze quando in onda?”

“Costacurta laureato?”

Mi ricordano tanto mia mamma. Fu memorabile quando, cercando di istruire la nuova domestica rumena dei miei nonni (appena arrivata e assolutamente digiuna di italiano) sul contenuto della dispensa, le diceva urlando e sillabando: “QUE-STA CA-MO-MIL-LA”. E allo sguardo interrogativo di lei si sforzava di essere più chiara: “CA-MO-MIL-LA!!! CALMANTE, SEDATIVO!!!”

Non è ironico? NO!

La diatriba è un po’ vecchia, ma mi è tornata in mente ieri sera mentre assistevo, un po’ annoiata, al concerto di Alanis Morrissette a Piazza del Popolo. Una delle sue canzoni più carucce, Ironic, ha un testo assurdo. La cantante canadese sfodera una sfilza di esempi di presunte situazioni “ironiche”. Peccato che non ce ne sia UNA a cui possa essere applicato il concetto. Forse l’unica vera ironia è questa…

“la pioggia il giorno del tuo matrimonio”, “una mosca nello chardonnay” e “un ingorgo stradale quando già sei in ritardo” sono secondo Alanis situazioni ironiche…Io, personalmente, l’ho sempre chiamata SFIGA.

Inizialmente ho pensato che ci fosse qualche tipo di scarto nell’uso che facciamo noi italiani della parola “ironico” e l’uso anglossassone. Invece no, perchè la Rete è piena di contestazioni dettagliate (e spesso divertenti) del testo della canzone, tra cui quella di un emerito professore inglese di letteratura. Ne trovate un paio qui e qui.

Osservazione sul concerto: I due schermi giganti che erano allestiti ai lati del palco, invece di limitarsi a rimandare le immagini del concerto ad uso e consumo di chi era troppo lontano per vedere, sono stati monopolizzati da un tecnico video in vena di sperimentazioni. Il tizio ci ha fatto sorbire per oltre un’ora un mixaggio video scandaloso, che non si vedeva dai tempi di Discoring. Un marasma di solarizzazioni, croma-key, colori acidi e spartizioni dello schermo in riquadri. E la faccia della Morrissette mixata con tavole di Leonardo da Vinci, paesaggi urbani, filmini in super8 di bimbetti sul prato…perfino quadri di Mondrian…