2,529 sporting trophies. by Aleksandra Mir
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Florentijn Hofman plushy show
Could be a visual metaphor for our increasing entertainment addiction? If yes, is it childish?
[via happy famous artists]
The Glue Society
Flooded McDonald’s
Blake
Dall’autore di Benjamin Baumgarter, ecco a voi Blake…
Just a teacup
E se la realtà avesse i bottoni FWD and RWD? Succede nelle sculture meccaniche di Jonathan Schipper…
Playhouse
Play at your own risk…
Binary Photo Album
Ogni libro è una foto di famiglia. Tradotta in codice binario e stampata. Sulla copertina c’è una descrizione verbale dell’immagine. L’autore si chiama Cody Trepte…
Wireframe worlds
La realtà a volte ha contorni sfumati. Ma non sempre mostra il suo scheletro…
Red Patterns
Sound Wave
La scultura di Jean Shin è bellissima. Sicuramente odora meravigliosamente di vinile. Gioca sul concetto di “onda sonora” e questo aggiunge evocazione e persino ironia. Allora perchè distruggerne la potenza espressiva scrivendo che va letta come un riferimento alle “ondate tecnologiche che rendono obsolete tutte le successive generazioni di supporti registrabili“. E, ancora, che “l’opera vuole rappresentare fisicamente il carattere effimero della musica, ma anche i gusti musicali di un essere umano, rappresentati dalla sua collezione di dischi“?
Lo so che l’obsolescenza dei media e la smaterializzazione dei contenuti e la crisi del diritto d’autore e dimmi ciò che ascolti e ti dirò chi sei sono temi d’attualità. Ma già il giornalismo è in crisi, che non ci si mettano pure gli artisti a fare gli illustratori dell’ovvio…
[soundtrack della serata. from 9 p.m.: the notwist]
Endless story of an endless column
The Endless Column (1938) è una scultura monumentale di Costantin Brancusi e se ne sta placida in Romania. Ma la sua capacità evocativa circola per il mondo e ispira altri artisti. Quest’opera riesce a rappresentare tutta la scultura moderna, a raccontare ancora oggi l’utopia di un’arte che aspira alle vertiginose altezze dei cieli (un’arte infinita, ininterrotta, spirituale nel più profondo dei sensi). Le “cover” della colonna si ispirano ai viaggi nel tempo, ma anche al kebab…
[soundrack: time travel]
Going to a town
Amy Casey dipinge case. Dipinge ammassi di case che si sforzano di diventare città. Ma rimangono cumuli di legno, ferro e cemento. Alcune sembrano appena atterrate, come astronavi, altre le ha portare un tornado, magari dal regno di Oz. Giurerei, però, di averne riconosciuta una, di queste città. E’ Ottavia:
Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città – ragnatela. C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettereil piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c’è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s’intravede più in basso il fondo del burrone. Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d’elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d’acqua, becchi del gas, girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
(Italo Calvino, Le città invisibili)
1500 sedie vere invece, ammassate, sono più o meno così:
This is not a desktop
Nidi e migrazioni

Si chiama Nest One, ed è un’installazione luminosa di Simon Husslein visibile a Burgundy, Francia. Qui, intanto, si continua a svolazzare senza sosta da una tana all’altra…
Dell’improbabile


Perdonate l’assenza. Qui i cambiamenti in corso sono molteplici (casa, lavoro, città) e sono offline molto più spesso del solito. Nelle mie rare navigazioni mi sono imbattuta nelle opere bizzarre di Krištof Kintera. Accumuli meccanici, congegni ibridi, coiti improbabili…
Big Mind Sky


Le grandi sculture in gesso di Ugo Rondinone, pezzo forte della mostra in corso da Matthew Marks, a New York. Un po’ mostriciattoli di pongo, un po’ statue arcaiche stile Isola di Pasqua…
Silver future

Certo, mi ci sono volute quasi due ore di coda per entrare nel padiglione tedesco, ma il lavoro di Isa Genzken era senz’altro da vedere. Bizzarro, kitsch, plasticoso e riciclato. Inquietante e scombinato.
Il futuro che avevamo immaginato argentato e scintillante ora sembra avvolto nel domopak. Confezionato, a lunga conservazione e nonostante tutto, scaduto…
Prese di posizione


Un’installazione di Laura Pugno (Presa di posizione, 2007, alla Galleria Peola di Torino) e un disegno digitale di Son:da. L’insostenibile ebbrezza del passaggio di corrente…
Deambulatorios de una jornada

La scorsa settimana sono stata a Fuerteventura per seguire l’inaugurazione del progetto
Deambulatorios de una jornada, en el principio y el proyecto Tindaya, prodotto dal
Centro de Arte Juan Ismael e curato dal mitico Nilo Casares. Oltre alla mostra presso il centro, che documenta alcuni lavori storici di Land Art e il progetto di Eduardo Chillida per la montagna Tindaya, Deambulatorios comprende un gruppo di spettacolari installazioni sparse per tutta l’isola, visibili, appunto, in una giornata di viaggio.
Qui c’è il set di foto che ho fatto. Prestissimo una recensione su Exibart.
Sovrappensiero
House Attack

Una casa è caduta dal cielo dritta sul tetto del Mumok, il Museo d’Arte Moderna di Vienna. Il colpevole è Erwin Wurm. Qui un set di foto scattate durante l’allestimento…
Disneysorveglianza

L’artista spagnolo Mateo Matè ha piazzato le telecamere di sorveglianza nel castello di Biancaneve. Da non perdere anche le tele “modificate”…
[via myfuckmuseum]
Benjamin Baumgarten
Gadget culture

Reduce dalla Biennale di Architettura (qui il photo-set della trasferta), vi segnalo l’incontenibile vitalità del padiglione ungherese. Il progetto Re:orient / Migrating Architectures è una riflessione sulla crescente influenza della cultura cinese. Le installazioni sono fatte di pinguini, gattini miagolanti, macchinine giocattolo e componenti low-tech (e low cost) di vario genere. La cultura del gadget che si fa progetto architettonico…
Bling Bling Basket

Lo scintillante, decadente, settecentesco canestro di David Hammons. Ovvero come riunire mille discorsi sulla condizione nera in una sola immagine…
questo è un post a blog unificati: valentinatanni + andreaxmas
Would You Like Your Eggs A Little Different This Morning?

A Milano, presso la galleria Massimo De Carlo, è in corso la personale di Elmgreen & Dragset, duo di artisti scandinavi con base a Berlino. Protagonista del progetto un manichino-avatar in tre versioni: ricco, middle-class e squattrinato. Ma tutti gli Andrea Candela (questa l’identità del personaggio) sono collegati al mondo tramite reali apparecchiature tecnologiche: un computer in rete, un iPod, un cellulare. E sono titolari di abbonamenti del tram, tessere associative, profili nelle chat room.
Dagli autori del negozio di Prada nel deserto e della roulotte in gitarella nelle viscere della terra, una riflessione sull’identità nell’età contemporanea. Nel testo che accompagna il progetto si legge:
Sei un essere perfezionato in una società perfezionata. Post-umana. Post-sessuale. Post-individuale. Vedi i corpi perfetti nei giornali patinati e fissi le brutte facce consumate di quelli che piangono i morti in altre parti del mondo. Vuoi soddisfare i tuoi bisogni; hai bisogno di un paio di antidolorifici per alzarti; hai bisogno di musica alta e di qualcuno che ti desideri e che ti dica quanto sarà speciale questo giorno.
Soffici cattiverie

Le opere di Martha Sue Harris raccontano di una natura ambigua, tenera e cattiva, in bilico sul confine tra sogno e incubo. Piante antropomorfe dallo sguardo perfido e la consistenza soffice; animali rosa confetto con i denti aguzzi. E strane radici mutanti…




















